Studi condotti su modelli animali hanno rilevato l’interazione fisica delle MP con la parete intestinale, con conseguenti lesioni di tipo meccanico e potenziali reazioni infiammatorie. Le MP possono aumentare la permeabilità intestinale, consentendo alle particelle nocive di penetrare nel flusso sanguigno. Alcuni studi hanno stabilito un legame tra l’esposizione alle MP e la disbiosi intestinale (uno squilibrio tra batteri benefici e patogeni nell’intestino). La disbiosi microbica può potenzialmente causare un’alterazione della funzione intestinale, un indebolimento del sistema immunitario e un aumento del rischio di disturbi gastrointestinali. Inoltre, le modulazioni indotte dalle PM nel microbiota intestinale potrebbero causare infiammazione sistemica, un fattore di rischio noto per varie malattie croniche. Ciò nonostante, una dieta ricca di fibre e la pratica regolare di attività fisica possono aiutare a contrastare la disbiosi intestinale indotta dalle MP.
È stata osservata una correlazione positiva tra la concentrazione di MP fecali e la gravità delle malattie infiammatorie intestinali (MII). Alcuni studi hanno inoltre rilevato che i pazienti affetti da MII presentano una concentrazione di MP nelle feci più elevata rispetto alle persone sane. È stato anche osservato un aumento del rischio di cancro al colon-retto e al pancreas nei lavoratori dell’industria della plastica e della gomma.
Sebbene alcuni studi individuali abbiano suggerito un legame tra l’esposizione alle MP e l’insorgenza di sintomi neurologici, è ancora difficile ottenere prove conclusive. Uno studio recente indica che le nanoplastiche, ma anche le MP, hanno la capacità di attraversare la barriera emato-encefalica, un filtro estremamente selettivo che controlla ciò che può o non può penetrare nel nostro cervello attraverso il flusso sanguigno. Concentrazioni significativamente più elevate di MP sono state osservate nei campioni di tessuto cerebrale prelevati nel 2024 rispetto a quelli del 2016, così come in quelli di individui affetti da demenza. Bisogna tuttavia considerare che le barriere emato-encefaliche delle persone affette da demenza sono meno efficaci di quelle delle persone sane. Pertanto, la maggiore concentrazione di MP nel loro cervello potrebbe essere una conseguenza della malattia, piuttosto che la sua causa.
Ricerche recenti suggeriscono un’associazione tra le MP e un aumento del rischio di malattie cardiovascolari. In uno studio condotto su 304 pazienti affetti da malattie cardiovascolari, i pazienti con placca carotidea (deposito di aterosclerosi nell’arteria carotide) in cui sono state rilevate MP presentavano un rischio più elevato di infarto miocardico, ictus o morte dopo 34 mesi di follow-up rispetto a quelli in cui non sono state rilevate particelle di plastica.
Un numero crescente di studi dimostra che l’esposizione cronica alle MP può influire sulla salute respiratoria, in particolare nelle persone fortemente esposte. Quando vengono inalate, alcune fibre e particelle di plastica possono depositarsi nelle vie respiratorie superiori o scendere fino ai polmoni. Le particelle più fini (nanoplastiche) sono in grado di raggiungere gli alveoli polmonari. Le persone più a rischio sono quelle che lavorano in ambienti ricchi di fibre plastiche (industria tessile, riciclaggio della plastica, produzione di materiali sintetici) e gli abitanti delle grandi città, esposti alle particelle derivanti dall’usura degli pneumatici e dall’inquinamento atmosferico.
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